Finalmente la legge sul reato di tortura

di Rosanna Pilolli 18/09/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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E’ stato approvato da qualche settimana in via definitiva dopo il si del Senato, il disegno di legge che introduce nel nostro ordinamento giuridico il reato di tortura  con 195 voti a favore, 35 contrari e 104 astenuti.

La tortura è un’abominevole pratica ancora utilizzata in tutto il mondo. Non è un avanzo dei secoli passati ma una realtà che coinvolge più di 130 Paesi.  Ricordiamo il caso di Giulio Regeni. E’ ancora considerata senza esserlo se non in parte, un efficace deterrente per estorcere confessioni da parte dei veri o presunti colpevoli di reati e per seminare il terrore.

Essa ha assunto tratti più massicci durante il rito inquisitorio a partire dal XII secolo e soprattutto durante Controriforma con la Santa Inquisizione e la terribile Inquisizione spagnola. Una pratica tuttavia ambigua e spesso inefficace: “l’innocente si chiamerà reo quando egli creda di far cessare il tormento” scriveva Cesare Beccaria nel saggio “Dei delitti e delle pene” del 1762.

Così, finalmente, dopo 33 anni la nuova legge ha recepito le indicazioni della Convenzione di New-York del 1984. Il provvedimento appena approvato ha incontrato in Parlamento contrasti molto diffusi Non è stata dunque una emanazione agevole, tutt’altro. Contrario il centro-destra che ha parlato di una norma punitiva nei confronti delle Forze dell’ordine. Ugualmente negativo il giudizio di Sinistra Italiana e del Movimento democratici e progressisti che si sono astenuti dal voto finale. Per questi due partiti il testo sarebbe debole poco incisivo e inefficace. Sono rimasti quindi a volere questa legge di civiltà soltanto le forze di governo PD e AP. Un rappresentante della Lega avrebbe detto che una legge come questa “legherà le mani alla polizia”. Giorgia Meloni ancora più esplicita avrebbe rilasciato una definizione. La legge sarebbe ideata per “criminalizzare le Forze dell’ordine”. Fortemente contrari inoltre i sindacati di polizia e carabinieri.

Le novità introdotte dal nuovo provvedimento hanno trovato la spinta definitiva anche da alcuni fatti di cronaca. Tanto per riportare qualche esempio, il G.8 del 2001 e la morte di Stefano Cucchi e del giovane Aldrovandi. Il nuovo articolo 613 del codice penale punisce con 4 fino a 10 anni di reclusione le violenze, le minacce gravi e un trattamento disumano umiliante per la dignità della persona che provochino acute sofferenze fisiche e psichiche a persone private delle libertà personale o affidate alla custodia, potestà e controllo o che si trovano in condizioni di difesa minoritaria  Se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio la pena viene aumentata da 5 a 12 anni. Ulteriori aggravanti, fino a 30 anni per i casi di omicidio colposo.


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